Mamma, non andare al lavoro! Come si sentono le mamme lavoratrici?

7 Maggio 2021

Spesso le mamme che lavorano sono invase da dubbi e sensi di colpa. Passo abbastanza tempo con mio figlio? Lo farò soffrire lasciandolo all’asilo? Se lavoro potrò essere una buona madre? Ma vale davvero la pena lavorare così tanto? In occasione della festa della mamma proviamo a capire insieme le difficoltà delle mamme che lavorano.

Per una mamma il rientro a lavoro dopo la nascita di un figlio non è mai un momento semplice. Spesso tenta di posticipare quel giorno, aspettando che arrivi quello più adatto. Ma quando sarà davvero il momento più opportuno? Per nessuna mamma sarà facile staccarsi dal proprio bambino, che sia per portarlo al nido, alla scuola dell’infanzia o lasciarlo con il papà, con i nonni o con la baby-sitter. I figli avranno sempre bisogno della mamma per crescere, e le mamme sentiranno sempre l’esigenza di dedicarsi alla loro crescita. Una mamma lavoratrice, però, non è una mamma assente e non curante dei bisogni del suo bambino! Vediamo come è possibile affrontare questo delicato momento con consapevolezza e serenità, cercare di allontanare dubbi e sensi di colpa e costruire un rapporto sano con il proprio bambino.

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I super poteri delle mamme che lavorano

Quante cose deve gestire una mamma lavoratrice? Organizzare una giornata cercando di rispettare i bisogni della famiglia, tra esigenze del piccolo, richieste del partner e doveri professionali mette a dura prova una donna.  E a lei chi ci pensa? Una mamma resta pur sempre una donna, un singolo individuo con le proprie necessità, e continua anche ad essere una figlia, una compagna, un’amica, una sorella, una collega, una lavoratrice. 

Alla difficoltà nel gestire gli aspetti pratici, si può aggiungere la fatica emotiva: una mamma che lavora può sentirsi sopraffatta da emozioni come ansia, paura, sconforto. Possono mancare le energie e la lucidità e può capitare di sentirsi inefficaci, inadeguate oppure incredibilmente sole, o anche insoddisfatte perché costrette a rinunciare a qualcosa o qualcuno per completare tutte le faccende quotidiane. La verità, però, è che nessuno ci darà un premio e non è reale pretendere di essere perfette.

E gli altri cosa pensano?

Oggi i numerosi pregiudizi e tabù socio-culturali che ruotano attorno al tema della genitorialità e dei ruoli familiari tendono ad attribuire maggiori responsabilità alla mamma, anche quando è una mamma lavoratrice. Per alcune culture del Nord Europa una buona madre ricopre diversi ruoli e si dedica a più aspetti della propria vita, non dimenticando la sua identità di donna. In molti di questi Paesi è una consuetudine che una donna riprenda a lavorare dopo pochi mesi dal parto. Un’altra abitudine comune per una mamma è passare molte ore lontana da casa e magari concedersi anche qualche serata di svago con le amiche. In Italia, invece, alcune famiglie sono ancora legate ad un retaggio tradizionale/patriarcale in cui l’uomo lavora e la donna si dedica alla cura della casa e dei figli. Questo è uno dei principali motivi per cui un atteggiamento diffuso è accusare le mamme lavoratrici di non dedicarsi adeguatamente alla cura dei propri figli, che ne risentirebbero nel tempo.

Il senso di colpa delle mamme che lavorano

Il senso di colpa è un’emozione difficile con cui convivere per le mamme che lavorano, perché si sentono la causa dell’infelicità dei propri figli o di qualsiasi difficoltà incontreranno durante la crescita. Oppure si sentono in colpa perché hanno voglia di tornare a lavorare, dedicare il proprio tempo allo svago e al proprio benessere e non voler fare le mamme a tempo pieno. Il senso di colpa è come un sistema di allarme che avvisa la mamma, un mammifero che per natura è incline a offrire nutrimento, protezione e termoregolazione al piccolo, che la relazione di cura verso il proprio figlio è messa in pericolo.

Se una donna non lavora cresce dei figli più felici? È comune per una mamma pensare che non lavorare le permetterà di passare più tempo con i propri bambini e garantire loro una crescita sana e soddisfacente. Ma questa equivalenza non è sempre corretta.

Una mamma che lavora potrebbe riuscire a dedicarsi all’educazione dei propri figli con il medesimo equilibrio e con buoni risultati, grazie alla soddisfazione personale che le crea la vita lavorativa. Per un figlio può essere positivo notare che una donna può raggiungere una vita di successo al di fuori della casa ed essere allo stesso tempo un ottimo genitore.

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Se è vero che il senso di colpa può essere d’aiuto, quando diviene eccessivo può minare la serenità di mamme, mariti e figli. 

Abbiamo detto più volte che il genitore perfetto non esiste: la normalità è essere imperfetti, spaventati e a volte in difficoltà. Per questo motivo non è d’aiuto accusare le mamme di essere troppo assenti o troppo presenti. Cercheranno di fare il loro meglio, a casa e a lavoro, e questo sarà sempre abbastanza. La donna che diventa mamma si impegna a favorire lo sviluppo del proprio bambino e può continuare a dare importanza alla propria persona e identità. Nessuno dovrebbe instillare il senso di colpa a una mamma che lavora e che cerca di dare una vita migliore a se stessa e di conseguenza alla propria famiglia.

Cosa possiamo fare quando ci sentiamo in colpa?

-Abbandoniamo la ricerca del perfezionismo: accettiamo la possibilità che qualche volta la casa non sarà in perfetto ordine, il bucato non stirato e il piatto messo in tavola all’ultimo momento. Una mamma che lavora avrà meno tempo per dedicarsi alle faccende di casa. Concediamoci qualche dimenticanza senza essere eccessivamente severe con noi stesse

-Conteniamo le intromissioni non richieste: impariamo a mettere dei confini alle ingerenze esterne. Spesso le persone a noi più care (genitori, suoceri, sorelle ecc.), dispensano consigli e soprattutto giudizi non opportuni, che contribuiscono a creare confusione sulle scelte da prendere per se stessi e circa l’educazione dei propri figli. Si possono comunicare i propri bisogni e rifiutare i contributi non richiesti.

Ritagliamoci del tempo da passare con i bambini, conta la qualità e non la quantità! Quando sappiamo di non lavorare organizziamo un’uscita tutti insieme, una passeggiata al parco o al mare, la pizza da impastare insieme, la creazione di oggetti con materiale da riciclo, la lettura di un libro o la visione di un film.

-Facciamoci aiutare: ci sono i nonni, le tate, gli zii, le amiche e non per ultimo i papà, fondamentali quando nasce un figlio e quando la mamma rientra al lavoro. Spesso la fatica fisica ed emotiva delle mamme che lavorano è amplificata se la coppia non si sostiene e non è pronta ad un continuo adattamento di abitudini.

Ma come si impara a fare tutto questo? Come abbiamo già detto, il genitore perfetto non esiste, così come non esistono manuali di istruzione per mamme e papà! Tuttavia, può essere sempre utile farsi accompagnare da professionisti del settore. Riuscire ad affrontare in modo più consapevole le varie fasi della vita familiare e i nuovi modi di stare insieme come coppia potrà consentire di vivere con maggiore serenità ed equilibrio la nuova vita da genitori.

Nel mese di aprile si è concluso il secondo percorso di accompagnamento alla nascita. Dal 28 maggio, ogni venerdì pomeriggio, Genitori E Poi propone un ciclo di otto incontri online per accompagnare le mamme in attesa durante i mesi della gravidanza. Sapete che sono ancora aperte le iscrizioni? Scriveteci a info@genitoriepoi.it.

 

D.ssa Marta Clary

Psicologa dell’Età Evolutiva e Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale.
Segretario di Destina Ets e referente del progetto di supporto parentale “Genitori 
E Poi”

Foto credits: whyhomestudio freepik.com; lookstudio, freepik.com; dusanpektovic, freepik.com.

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